Testi critici | Interviste

Nicoletta Rosetti
(Critica d’arte)

Personale DAI BLU AI VERDI, MAM’S Galleria Civica d’Arte Contemporanea “G. B. Salvi”, Palazzo degli Scalzi, Sassoferrato, 2020.

Le opere di Branciforte non ci guardano, piuttosto, ci abitano. Un meccanismo sottile, quello adottato da questo artista siciliano, marchigiano d’adozione; o meglio, un artificio che elegge frammenti di un passato indefinito, talvolta remoto, talvolta recente, unico o condiviso, a soggetti parziali, fumosi e mescidati. Nelle sue tele, al ligio protocollo prospettico rinascimentale, si intersecano la geometria, le luci della sua terra, la prospettiva antica – intesa come l’avanzata e l’ingrandimento dei soggetti e degli oggetti principali rispetto al resto -, le ombre e gli sfondi marezzati di colori neutri seicenteschi.

La griglia lucente che solca la superficie di un’opera come Figure Riflesse, ricordando quella di un confessionale, divide in realtà lo spettatore dal flusso di coscienza dell’artista, elaborato per immagini. Un procedimento, questo, non sempre esplicitato nel corpus delle opere che pure sono frutto di un’accurata processazione dell’inconscio e della memoria, volta alla selezione di frammenti o sezioni che possano farsi immagini iconiche, senza tempo e senza luogo.
Un moto perenne che punta a una de-storicizzazione mescolando elementi e soggetti, personale e collettivo, non solo nei temi trattati, ma anche nei materiali, nei colori e nelle luci. In questa produzione, non a caso, a predominare è l’idea di un flusso che si declina come acquatico e che trasporta temi simili eppure lontani accomunandoli nelle tinte che si espandono dai blu ai verdi collegando l’elemento acqua alla vegetazione.

Branciforte, passando dal flusso di coscienza a quello figurato, non guarda affatto alle grandi superfici marine della sua terra madre, la Sicilia, piuttosto l’idea primaria è quella di percorrere il corso di un fiume, l’Esino, ribattezzando la sua arte figlia di queste terre ma vicina, per forme e colori, alle esperienze figurative del sud degli anni 60 e 70.
In questo percorso potremmo distinguere un sopra e un sotto il pelo dell’acqua: dove i dettagli più limpidi sono istantanee colte sotto la superficie, nell’inconscio tanto più profondo quanto più dense diventano le tinte, mentre i paesaggi e i collage, più scapigliati e fumosi sono scatti a lunga esposizione colti appena fuori dalla superficie del flusso, in quello spazio tra la veglia e il sonno della ragione, quello dove tutto è possibile e nulla è davvero come sembra.
Le figure si alternano al paesaggio e tutto è sottoposto al giudizio del tempo: dettagli che furono insignificanti si amplificano e diventano segni, finanche simboli, come i vasi di fiori o le arance mentre ricordi netti e definiti, col passare dei giorni e degli anni, si trasformano in impressioni fugaci.

I collage, forse più del resto, restituiscono l’affastellamento di queste storie raccontando come la mente possa scomporre e poi ricomporre parti diverse per creare nuovi scenari dove il privato e il pubblico si fondono indissolubilmente alimentando nuove e inaspettate interpretazioni.

Dell’intensità del tema acquatico, paradossalmente, l’opera Gocce sembrerebbe il portabandiera: un fuscello diviene un albero-scala morbido come un’alga che collega gli abissi del ricordo al flusso della vita in superficie e su di esso sono stese piccole, preziose gocce splendenti che brillano mosse da luci inattese.

Micaela Nichilo
(Critica d’arte)

Motivazione della giuria per l’assegnazione del 4° Premio della Sezione Arti Visive della V^ edizione del Premio Nazionale Giovanni Bovio all’opera intitolata “Soprappensiero”

Con l’opera Sovrappensiero, nel rispetto di quella pittura di un Novecento in opere dimenticato, l’artista, con una tecnica lodevole, si riconosce dalla pennellata sicura e matura. Di rilievo l’intensità dello sguardo del soggetto ritratto e l’asciuttezza dei tratti pittorici.

Fulvia Minetti
(Critica d’arte)

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Assenza di gravità” – Premio Apollo Dionisiaco – Arte 2019 

In Assenza di gravità la cinestesia pittorica del Branciforte è istante di trasfigurazione, in battito d’ali fra presenza e assenza. Il ritmo del movimento conoscitivo è sempre secondo, a ripetere un’origine di senso mai presente in sé: è ricordo e riaccordo, per la meraviglia e l’elargizione dell’inesauribile.

L’umano è tensione, intenzione, differenza, costitutiva distanza, interpretazione lanciata fra origine e meta: esiliata dimora di un segno in transito.

Così, fra il battere della presenza e il levare dell’assenza, l’umano è terzo, nell’inesausto movimento stupito della sospensione.

Andreina De Tomassi
(Scrittrice e giornalista)

Presentazione dell’opera “Volute di fumo”, IX Land art al Furlo “Nero”, Galleria Electra – Sant’Anna del Furlo, 2018 “Userò il nero per farti luce”.

E’ un lavoro da studiare, analizzare in tutte le sue Volute di fumo o fumè.. c’è il velluto, il papier-collè, le velature..e sette neri diversi: l’opera è un vero e proprio saggio visivo sul NERO.

Da leggere le riflessioni di Branciforte: lui sa tutto sul nero avorio, nero di mummia, nero di stampa.
Andreina De Tomassi (Casa degli Artisti di Sant’Anna del Furlo).

USERO’ IL NERO PER FARTI LUCE (Branciforte)

“Ritengo che proprio perché di oscurità si può parlare solo in relazione alla luce e alla mancanza di essa, il nero è più di un colore è il passe – partout per la luce. M. Pastoureau in “Nero- storia di un colore “dichiara che “in principio tutto era nero tutto l’universo era pervaso da questo colore primordiale. Poi gli esseri umani hanno cominciato a padroneggiare il fuoco. Sono proprio i residui del fuoco che forniscono agli uomini i primi pigmenti per le pitture parietali delle grotte. Inizialmente gli artisti bruciano legni e gusci. Poi, per ottenere neri più profondi e brillanti, passano alle ossa e alle corna di animali.
Ed arriviamo a ”Il quadrato nero” di Malevich che rivoluzionò l’arte del novecento.

Ho dipinto Volute di fumo usando la tecnica delle velature per rendere l’impressione visiva che si sperimenta quando nessuna luce visibile raggiunge l’occhio. Ho usato vari materiale dal velluto alle carte ( tecnica del papier collè) per dare toni diversi ai vari neri usati: nero fumo, nero di lampada, nero di vite, nero d’avorio, nero elefantino, nero di mummia, nero di seppia, nero di stampa. Nella tecnica classica del colore il nero, lo si può ottenere mescolando assieme tre colori, corrispondenti al blu di Prussia, alla lacca di robbia e, in dosi minime al giallo, oppure impiegando altri colori come la lacca di robbia, l’asfalto ed il blu d’oltremare. Così la tavolozza di neri, con le sue più svariate gradazioni, li ho ottenuti con la mescolanza dei tre colori base (rosso porpora o magenta, giallo di cadmio medio e blu di Prussia o d’oltremare scuro).
Ho variato le dosi, cosi da generare una vastissima gamma di scuri che, comprendendo tutte le tendenze dei colori impiegati. Per favorire l’esaltazione passionale del nero ci sono i riquadri di luce, le finestre attraversate dai rami, con cui ho voluto ottenere effetti di sublimazione cromatica del nero.

Una voluta nera intensa, con cui ho spogliato degli atavici significati di lutto e di assenza questo colore nelle sue diverse sfumature, nel tentativo poetico di privilegiare la sua vibrante, cangiante, multiforme bellezza.

Naturalmente la narrazione del quadro che parte dalla figura di donna che fuma è l’espressione di ciò che mi chiedo sempre quando dipingo: come poter rendere la rappresentazione delle cose in mutamento costante: creare un processo e non una sostanza. La visione deve fluire, tanto da rendere impossibile guardarla due volte allo stesso modo.

Ugo Mancini
(Critico d’arte)

Branciforte pittore dell’umano

Branciforte è un pittore esistenzialista: la vicenda umana è al centro della sua opera in tutta la sua multiformità e la sua variabilità. Per questa ragione anche il linguaggio di Branciforte è aperto a diverse soluzioni iconografiche e compositive. Tutto è uniforme, però, nel paradigma della ricerca sull’uomo e sul suo essere.

L’esistere in Branciforte assume una forma che va oltre la sensibilità per indagare direttamente la coscienza.
Quelle fissate da Branciforte sulla tela sono immagini fluide, ma allo stesso tempo indelebili, provenienti dalla memoria e dal subconscio.

A livello formale la sintesi attuata da Branciforte rispecchia queste istanze nel proporre deformazioni che trasfigurano l’immagine in una percezione spazio-temporale soggettiva.

Antonia Guglielmo
(Art director)

Presentazione Premio “East meets West” – Galleria Circuiti Dinamici, Milano, 2018

Branciforte in Ciò che è sa mantenere sicuramente la propria identità, in cui punto fondamentale è il fluire della visione, un’ insieme di rimandi alle immagini mentali, ricordi reali e spirituali insieme che nella composizione creano grande dinamismo; ed è in questo tempio mentale che inserisce elementi e citazioni che arrivano da lontano.
Anche l’uso del colore così vibrato e carico crea piani percettivi erratici.
Fulvia Minetti
(Critica e storica dell’arte)

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Davide e Golia” – Premio Apollo Dionisiaco – Arte 2018 

Gli spazi transizionali, immaginifici e configuranti del Branciforte sono provocatorie ipotesi paradigmatiche, per nuove fluide soluzioni della coscienza.
Davide e Golia non sono personaggi distinti, sono invece due istanze del medesimo essere, la maschera dell’abito della medesimezza e il volto dell’evento di distanza e differenza. Davide è orientamento cinetico, tensione, corpo vivente e operante, che manifesta il suo tropismo alla verità emotiva.
L’artista celebra il transito della verità, che corre sempre incontro alla sua trasmutazione in errore.
Stefano Apuzzo
(Giornalista e critico d’arte)

Presentazione Personale “Non luoghi dell’anima”, Galleria Spazioporpora, Milano, 2018

Laura Coppa
(Critica e art director)

Presentazione “Personale “DI-PIN-Tù-RA…bizzarrie, visioni, paradossi in non luoghi”, Palazzo Bisaccioni, Jesi, 2017

Branciforte è un narratore di viaggi compiuti nel pensiero umano. Storie emerse dall’acqua di un fiume che scorre o di una pioggia che si sparge in filamenti. Racconti “umidi” e visibili solo al cospetto della giusta luce.
È da quel fluido senza posa che cattura letteralmente un’idea, quasi come un guizzo diamantato che un raggio di sole indica, ma per un istante soltanto.

Branciforte quell’idea la insegue e persegue, schizzandola in bozze: un’idea appuntata in tutta fretta, entro il tempo che si palesa. Soggetti che – al nascere – hanno già chiari i mezzi e i materiali più consoni per esprimersi in un sussurro. Narrazioni mai gridate, ma raccontate con voce lieve, in un silenzio completamente atemporale.

I fogli schizzati diventano spesso parte integrante del componimento pittorico: un ritaglio inglobato a una struttura ragionata successivamente, come una sovrapposizione bulimica di colore, carte, ritagli, fotografie e ancora colore come in Acqua.
Ultimo velo sono fili lucenti a piccoli colpi di pennello, quasi ad apporre delle tende che celano la scena in parte, proprio come oltre una finestra: grate e tralicci che rimarcano il confine, un territorio privato che non va oltrepassato mai.

Sivia Cuppini
(Storica dell’arte)

Intervista rilasciata per la pubblicazione in catalogo, a corredo delle immagini delle opere esposte alla 63^ RASSEGNA Internazionale d’Arte/Premio “G.B. Salvi” – 2013

Lavorare su committenza limita la libertà dell’ espressione artistica?
Lavorare su committenza mi piace. Credo che non limiti la mia libertà e che fornisca spunti nuovi per la propria ricerca senza intaccare lo stile personale.

In quale edificio storico (museo, galleria, pinacoteca), o in quale edificio pubblico (municipio, chiesa, stadio, palestra, piscina) potrebbe ambientarsi parte della tua opera?
In una galleria, magari americana (White cube).

In quale momento della tua storia una tua opera ti ha restituito il senso della tua ricerca?
A Bologna, di notte, con la luce della luna ho “ritagliato un vecchio quadro e le ombre che mi erano intorno le ho riportate sulla tela. Così e nato “Mosaico”, l’inizio della mia nuova ricerca sulla figura.

Al di là dei riconoscimenti ufficiali (premi, medaglie, targhe, ecc.) e dei giudizi dei critici, da chi o da cosa sei stato gratificato nel tuo lavoro?
Il colore, la tela, la carpenteria. Questi sono gli elementi che mi gratificano.

Ritrovare nell’atelier, nella casa di un collezionista o semplicemente di un amico una propria opera dimenticata sollecita un senso di pienezza o di vuoto?
Di pienezza, mi da sempre una grande gioia.

Traccia un breve profilo di un gallerista, e/o direttore di pinacoteca, e/o collezionista, e/o assessore alla cultura con il quale sei entrato in contatto per il tuo lavoro.
Andrea Emiliani, un uomo arguto e solare che ancora oggi ricordo con allegria.

Sono più forti le ragioni delle tendenze, della moda o dello stile?
Le ragioni dello stile personale sono la mia guida, seguire le tendenze o la moda è un punto di partenza per considerare immagini nuove, inedite, prenderle a spunto della mia ricerca e poi farne riflessione pittorica, narrativa, personale.

Dopo il naufragio, quale opera si ritroverà con te sulla zattera a tenere viva la speranza di essere salvato?
L’ultima che ho dipinto, è sempre l’opera che salverei e che porterei con me a tenere viva la speranza.

Sei disposto a parlare della tua opera, a intrattenere o provocare il pubblico, parlando di arte e in particolare del tuo lavoro, a rilasciare interviste?
Non amo molto parlare, quello che mi piace è provocare il pubblico, con le immagini, turbando e smuovendo le coscienze. Bisogna dis-anestetizzare gli ambienti visivi per renderli costantemente interessanti e vitali.

In un doppio ritratto chi vorresti accanto?
La mia gatta Mafalda. A lei affido i miei tempi e modi di lavoro in studio perché, stupefacentemente, sa leggere in me.

Luigi Garrisi
(Etnomusicologo)

Branciforte mette sempre in discussione qualsiasi approdo rassicurante della visione

Di Branciforte mi ha sempre sorpreso la ricerca della libertà, la sua necessità intima di mettere in discussione, sempre, qualsiasi approdo rassicurante della visione (e dell’esistenza), pur rimanendo un uomo e un artista del ‘900, quindi capace anche di amare profondamente l’accademia, la sua formazione, e di riconoscerle l’eterna funzione di guida nelle tempeste emotive e culturali che ci attraversano e che, puntuali, i suoi pennelli registrano.
Roberto Primavera
(Collezionista d’arte)

Obscura tenebris expressio

Branciforte da anni opera nel mondo dell’arte dell’immagine pittorica con candore e forte tratto espressivo che, al di là dei titoli delle sue opere sempre vòlti alla chiarezza, rappresentano l’ambiguo suo profondo cercare e nel contempo una ferma chiara rappresentazione.

L’opera allora in Branciforte diviene doppia immagine: quella costruita anche con intense armonie espressionistiche dal forte risultato decorativo e quella riflessa dell’oscuro nascosto suo sentire non detto.
Al “lettore” dei suoi quadri non resterà che ondeggiare tra il piacere del fermo immagine, per quanto significativa, e l’inquietudine del mistero dei suoi significati.

Azzurra Immediato (Critica e storica dell’arte)

Presentazione Collettiva “Arte a Palazzo – Nel segno del contemporaneo”, Bologna, 2016

“Per me dipingere non è molto diverso da respirare: vitale, rigenerativo, obbligatorio.”
In tale dimensione l’artista siciliano Branciforte inserisce quello che è il proprio lavoro ma, in special modo, il suo personale modus vivendi et operandi. Non un fare arte fine a se stesso, quanto un modello maieutico atto ad una vera e propria forma di sussistenza e sopravvivenza al mondo. La sua ricerca, che prende avvio dagli studi di matrice contemporanea, dapprima al D.A.M.S. di Bologna e poi all’Accademia di Belle Arti felsinea, ha posto Branciforte a confrontarsi con due realtà: la prima, di stampo concettuale. metodicamente legata al processo iniziato qualche decennio prima da Renato Barilli e Umberto Eco e che l’artista siracusano ha poi focalizzato sulle tematiche della Psicologia dell’Arte e della Percezione visiva, sotto l’egida dì Alessandro Serra. La seconda realtà con cui ha poi avuto a che fare è, invece, stata quella dell’arte come manufatto, specializzandosi, in particolare, nel disegno e nella grafica e sui meccanismi ad essi legati.

Le tematiche care a Rudolf Arnheim e Steinberg, fuse con quelle inscenate in arte da Lucien Freud, hanno rappresentato il viatico attraverso cui Branciforte ha portato avanti la propria ricerca. E’ egli stesso ad affermare che: “Ciò che mi attrae della rappresentazione pittorica è la possibilità di addensare sulla stessa superficie linee reali e percezioni ideali dello stesso spazio, restituendole in forme quotidiane seppure compendiate ed emotive.”

In tale agire, si cela il parallelismo che Branciforte ha nei confronti delle istanze espressioniste e della tradizione novecentesca che gli permette di considerare l’opera d’atte quale “esperienza sensibile” e darne prova tramite le scelte di tipo formale che si svelano nel variegato corpus del suo lavoro. Opere appartenenti a trame differenti costituiscono la sua parabola artistica e, in questa occasione, mostra uno degli ultimi dipinti realizzati, intitolato Drappo.

Un olio di medie dimensioni afferente alla serie che l’artista chiama “Oggetti nello spazio” e che, seppur guardano in direzione di tradizionali nature morte, virano, in realtà verso un percorso più ficcante dal punto di vista concettuale.
Al centro della tela, ciò che l’osservatore troverà è l’immagine di un lindo panno di stoffa, mirabilmente realistico da trarre in inganno -e avvicinarlo alle opere in papier collè che pure Branciforte realizza – che è inspiegabilmente al centro dello spazio pittorico ma di cui non si hanno altre informazioni ed è così che tornano alla mente le parole che altrove il pittore ha asserito:
”Le mie opere sono un non-luogo una sorta di tempio mentale su cui si proiettano ricordi, visioni, sogni – dove forme e figure, dalla fitta trama materica e colorica definiscono lo spazio e attraggono l’osservatore su qualcosa di visto ma non osservato: un altrove emotivo dove ad ogni sguardo tutto ricomincia in una nuova dimensione visiva.”
In quello che Branciforte chiama “altrove emotivo” si situa anche l’opera Drappo, nella quale non è l’oggetto in sé a determinare il messaggio dell’artista, quanto, piuttosto, la sua collocazione laddove spazio e tempo perdono la loro nota valenza e ne acquisiscono una tendenzialmente universale, dì valore evocativo, oggettivata in una sorta di riemersione che dal profondo buio trova luce e appiglio nel niveo pezzo di stoffa.

Giuria Grifio Art Prize

Motivazione  della  Giuria per  la Nomination al Premio  “The Best Online Artist 2016 ” per l’opera “Donna che legge”

Con Donna che legge l’artista genera emozioni visive, dove la narrazione figurativa richiede una visione contemplativa per riuscire ad interpretare il messaggio espresso. Un’intensa cupa e vivida carica emozionale donata dall’unità tonale che lo contraddistingue, dove i tratti e le doppie immagini scomposte, creano un discorso che spazia, uscendo dal soggetto verso l’osservatore dell’opera.
L’artista crea così un’idea, l’immagine del pensiero che va oltre all’intento del soggetto, oltre alla staticità dell’opera stessa, rendendola viva ed emozionale.

Artist who creates visual excitement, where the figurative narrative requires a contemplative vision to be able to interpret the message expressed. An intense dark and vivid emotional charge donated unit tone that distinguishes it, where the traits and double decomposed images, create a speech that goes, leaving the subject toward the observer of. The artist creates an idea, the image of thought that goes beyond the intent of the subject, in addition to the static nature of the work itself, making it alive and emotional.

Gabriele Bevilacqua
(Critico dell’arte)

Presentazione collettiva “Open Art – nuovi orizzonti artistici” Villa Salvati – Monte Roberto 2015

Assenza e vitalismo in Branciforte

Un’arte colta ma capace di rileggere con mano lieve la tradizione figurativa e neo-espressionista del ‘900.
Nella serie di opere in mostra ad Open Art, Branciforte, artista raffinato senza essere citazionista, approfondisce il tema della luce.

Come nella migliore tradizione espressionista, la sensibilità luministica dà luogo a scomposizioni reticolari, a giochi di rifrazioni geometriche e persino preziose come in Omini su ombra di palazzo (2015).
Realizzate ‘alla prima’, in un mix di padronanza tecnica e mood contenutistico, le opere di Branciforte hanno una potenza evocativa e narrativa di primo piano. Lo testimonia Attimi sul finire della notte (2015). La dimensione lirica di assenza e vitalismo nostalgico (alla Debussy), in cui spesso ricorre il motivo acquatico, è sottolineata da pigmenti non grommosi e da una chiave cromatica sapiente come un’acquamarina.

Nicoletta Rosetti
(Critica e storica d’arte)

Presentazione Collettiva “Pigmenti – Neo espressionismo |Fotografia | Digital Art” Ex Chiesa di San Michele all’Arco di Augusto, Fano, 2015.

Le ragioni della sua cifra pittorica e stilistica si legano sicuramente a quell’esigenza, nata negli anni’80, del ritorno alla pittura e all’opera d’arte come esperienza sensibile.

Ciò che lo attrae della rappresentazione pittorica è la possibilità di addensare sulla stessa superficie linee reali e percezioni ideali dello spazio restituendole in forme quotidiane seppure compendiate ed emotive. Le sue opere raccontano un complesso flusso di ricordi, impressioni, immagini.

Alle volte, ha un aspetto più emotivo e privato, palesandosi definito e chiaro in un oggetto o in una natura morta; altre la memoria crea degli affastellamenti complessi eppure delicati e mai banali che sommano gli istanti di un’intera vita, singola e collettiva; o, infine, si rivela in collezioni eclettiche di elementi grafici, pittorici, fotografici che trascinano nuove diverse storie.

Nicoletta Rosetti
(Critica e storica d’arte)

Presentazione personale “Prospettive bidimensionali” Ex Chiesa di San Michele all’Arco di Augusto a Fano 2010.

Prospettive bidimensionali

Nel 1927 Erwin Panofsky scriveva “La prospettiva come forma simbolica”, dove, per la prima volta, veniva teorizzata l’esistenza di molteplici tipologie di prospettiva, ciascuna adatta a rappresentare il suo tempo.
Al giorno d’oggi, parlando di prospettiva, ci si riferisce, per lo più, a quella rinascimentale, indicando, cioè, un modo di articolare lo spazio che sia illusoriamente coincidente con il nostro modo di vedere la realtà. In pieno Rinascimento, l’Alberti teorizzava che le figure scalate nello spazio tracciano, in questa griglia che vuole riproporsi a noi come una finestra sul mondo, un percorso visivo all’interno delle opere, creando piani diversi e restituendoci l’effimera sensazione di veridicità, di distanza spaziale, di volume.
Poi arrivò Cézanne.
E dopo di lui la prospettiva che fino a quel momento si era contraddistinta come il cardine di una pittura votata alla più fedele riproduzione della realtà, man mano passò in secondo piano. Così, pur mantenendo intatti alcuni stilemi figurativi, gli artisti iniziarono un percorso di superficie, che tendeva a squadernare il soggetto non più suggerendo piani che si allontanavano dallo spettatore, ma, come nella più classica tradizione medievale, mantenendo l’intera composizione tenacemente ancorata alle trame della tela.

Prospettive Bidimensionali è, appunto, questo: un mondo fatto di prospettive mancate sbarrate da un piano, da un muro, da una linea semicircolare. La superficie è la chiave di volta, lì si intrecciano decorazioni e geometrie; lì, sul velo di Maya, si giocano le mille illusioni create da questo abile maestro dei pennelli.

Branciforte, siciliano di nascita, pittore di paesaggi e figure fin da bambino, quando lascia la sua terra per salire a Bologna ripone tutta la sua maestria anatomica e realistica in un cassetto e si dà allo studio della storia dell’arte.
Quando, dopo diversi anni, riprende in mano il pennello e si siede davanti alla tela, la sua tavolozza non è più quella dei colori caldi, le linee dei paesaggi dolci e degli alberelli leggeri sono scomparse.
Lucian Freud, grande ispiratore di questo periodo, è il vero movente della virata dei colori sui toni del marrone, del nero, del nocciola; lo spirito che guida il pennello è tormentato e fortemente espressionista, legato a frammenti citazionistici  presi dai grandi autori del passato e mixati assieme a piccole nature morte, oggetti che fanno capolino dalle grandi tele scure.

Prospettive Bidimensionali inizia qui.

Quando dal magma dei neri riemergono le altre sfumature di tavolozza, le linee tornano serene e pulite e sulle tessiture dei supporti si fa strada la fantasia del nostro autore, sempre meno coinvolta in un avido gioco di citazioni. La prepotente volontà grafica e la minuziosa attenzione per la decorazione, fanno di questo percorso una tessera della nostra contemporaneità.

I pennelli portano in primo piano linee, forme e colori schiacciandole in una visione del mondo fatta di oggetti fluttuanti in primo piano o, magari, di ambienti curvilinei che circoscrivono uno spazio semicircolare quasi claustrofobico, dove lo spettatore si trova immediatamente coinvolto nella distruzione del vecchio (i fiori secchi) a favore del nuovo (i gigli), riconoscendo nel giustiziere femmineo un omaggio a Lorenzo Lotto.

In questa idea sintetica, grafica e accattivante ispirata alle popolazioni egiziane quanto alle caratteristiche decorazioni siciliane, e nella speculare inclinazione agli ambienti sbarrati e alla figura, d’ispirazione baconiana quanto botticelliana, risiede l’unicità dell’opera di Branciforte.
La cifra di queste opere sta nella creazione dei puzzle, nelle figurine che ci appaiono come ritagliate ed appiccicate su fondi meravigliosi, intente nel loro fluttuare come intrappolate in una dimensione onirica o, ancora, nella possibilità di armonizzare con un mazzo di fiori, una specie geneticamente modificata (una fresia incrociata con un merletto di rame) o in una cassetta d’arance, pretesto, per un’esemplare inquadratura aerea dal sapore surrealista.

Passeggiando in questo universo impossibile fatto di verità e ricordi, quanto di simboli e sogni, lasciatevi catturare dalla superficie, abbandonando la mente alle congetture e ai rimandi; solo così dalle tele passerete al fil rouge che lega le opere alla mente complessa e multiforme di questo artista sottile ma sempre fedele alla materia artigianale della sua arte.

Paola Vannini
(Storica dell’arte)

Presentazione collettiva “Universi – 7 Giovani artisti dell’Accademia di Belle arti di Bologna” , Galleria Comunale La Loggia della Fornace, Rastignano, 2007

Da Matisse, Lucien Freud, Steinberg e ritorno

 

Gioca mescolando all’esperienza quotidiana piacevolissime irrealtà.
Spesso utilizza oggetti (arance, ciotole) per creare spazi, profondità, instaurare con le forme dei paradossi prospettici e ironici.
Le forme rappresentate fungono da sfondo, da pretesto, la scelta dei soggetti e delle scene non è significativa, lo sono invece il “primo piano” e il valore tonale di alcuni elementi che creando un gioco all’interno dell’immagine permettono all’osservatore di trasgredire e trasformare la percezione provocando inaspettate emozioni.
Predilige delle forme, sempre l’aspetto emotivo e sensuale, superandone la pura materialità oggettiva e decorativa, sia che si tratti di nudi che di oggetti.

Giuseppe Leopardi
(Critico d’Arte)

Branciforte ha il dono dell’originalità

Seppur giovane, dimostra e continua a dimostrare una capacità compositiva quasi perfetta. Sono i suoi dipinti creati ed elaborati da un artista autentico.

Ha il dono dell’originalità, considerata, la sua natura classica.

E’ dotato di una pennellata lunga e disinvolta. Le forme e gli spazi sono trattati con una cromaticità originale. Pur essendo pittore di scuola è dotato di estro creativo, sente intimamente tutto ciò che nei suoi quadri espone.

Angelo Cassia
(Storico dell’Arte)

Branciforte attento osservatore del mondo

Pittore poliedrico passa con disinvoltura dalla composizione al paesaggio e allo studio attento del corpo umano, proteso alla ricerca del bello e del meraviglioso, espresso con una tecnica pulita e razionale.

Branciforte è un attento osservatore del mondo che lo circonda, che ritrae con la spontaneità quasi ingenua, di colui che vuole scoprire”qualcosa” anche dalle vibrazioni cromatiche del suo pennello.

Antonio Tamburini
(Fotografo)

Presentazione personale “Opere” Galleria d’Arte Palazzo Rosso di Bentivoglio – 2003

La sua pittura, germoglia in solitudine artistica con intelligenza, esprimendo con grande gusto e competenza cromatica, momenti a lui rappresentativi dei suoi 42 anni: così mi piace presentare Branciforte.

La sua preparazione culturale e gli studi artistici collocano l’artista in quello strato “non molto frequentato” di emergente vero, sicuramente abile per essere nominato da chi della pittura ne fa ricerca, per capire l’arte.

H&H Color Lab
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